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Articles by "La Mente al Cinema IV"


Fare una buona commedia è difficilissimo, fare una buona commedia in Italia è un’impresa titanica, condizionato così com’è ormai il cinema Italiano da cinepanettoni, filmetti per teenager e commediole atte solo a far cassetta… Riuscire a fare una commedia che sappia dire qualcosa di nuovo, che sappia raccontare una bella storia, dei personaggi memorabili, in una cornice meravigliosa è un qualcosa di così raro che non credo che debba sfuggire… “La kryptonite nella borsa” è una di quelle sorprese piacevoli in un panorama cinematografico che tende alla noia ed alla monotonia… In una Napoli anni ‘70 che non sa né di camorra né di spazzatura, recuperando la sua naturale vocazione ad essere scenario di piccoli grandi racconti familiari, ecco che si muove una famiglia decisamente fuori dai canoni, una di quelle famiglie che ora si chiamerebbe “disfunzionale”, ma che più comunemente la potremmo definire sgangherata: un ragazzino miope e timido, una madre depressa, un padre fedifrago ma amoroso verso il figlio, nonni, zii “alternativi”, maestra e amici… 

Un guazzabuglio umano tenero e fragile, divertente e verace, raccontato con una delicatezza favolistica direi quasi francese (un po’ più di quasi specie nell’introduzione, molto “Amelie”) Un film che sa dosare tenerezza e comicità, immaginazione e realtà, con un cast formidabile (in primis degli eccezionali Valeria Golino e Luca Zingaretti), regalando quasi 2 ore di film da ricordare… Qualche piccola sbavatura nella trama, forse, ma sinceramente, al netto del piacere di un bel film, si può perdonare. 


Lilli It. 2008 di Filippo Ticozzi (38'). Scritto, diretto e montato da Filippo Ticozzi (Pavia, 1973), è un'elegia del silenzio, dai significati maggiori dei segni che contiene. Sul piano strettamente narrativo il cinema del regista pavese predilige le ellissi, nel solco di un processo selettivo di matrice intimista, volto a suggerire, più che a mostrare. In questo senso l'immagine di Ticozzi è suggestivamente vicina alla delicatezza della pagina letteraria, senza perciò tradire il mezzo elettivo. Memorabile il carrello a precedere del protagonista in bici a fondo valle, immerso nelle scenografie naturali altrettanto naturalmente che nel commento musicale classico. In modi periferici e marginali l'autore lombardo aggancia il cuore di una deriva, in cui riconoscere un quotidiano che in forme diverse accomuna tutti. Un capolavoro di sensibilità artistica, intuito e tradotto alla perfezione.

Lilli, interamente girato in Oltrepo, racconta la storia di Giancarlo, un ragazzo “particolare” che vive con la madre e il suo cane Lilli tra le colline, cui un giorno un incidente cambia la vita. Una produzione La città Incantata, Lilli è stato girato con un budget bassissimo grazie all’impegno volontario di diversi professionisti del settore che hanno prestato la propria professionalità gratuitamente. Il mediometraggio “Lilli” del regista Filippo Ticozzi, prodotto dalla società di produzione pavese La Città Incantata, in collaborazione con La Cooperativa Sociale La Piracanta, con il contributo di Provincia di Pavia, Comune di Pavia e Auser Comprensoriale di Pavia.

Ticozzi "sono molto felice di questo premio, grazie infinite. Lilli è il primo film che ho fatto e per il primo figlio si ha sempre un occhio di riguardo. Un cortometraggio fatto senza una lira, dove tutti hanno lavorato gratis, e fatto con quella meravigliosa incoscienza che poi, via via, si perde. Grazie tante a voi e a Cinemadonia. E grazie a Giancarlo (il non-attore protagonista), perno del film, che continua grande la sua via nel mondo."






L'isola analogica
Sinossi: L'Isola Analogica racconta alcune curiose vicende che hanno avuto luogo ad Alicudi, un'isola delle Eolie. Leggende, allucinazioni, usanze e superstizioni, causate dal consumo accidentale di segale cornuta, la pianta da cui si ricava l'LSD.



Ecco la motivazione che ha portato la giuria de La Mente al Cinema IV ed il premio come Miglior Scrittura per documentario:
L'isola analogica It. 2007 di Francesco G. Raganato (28'). Il capolavoro di Francesco G. Raganato (Copertino, 1978). 

Miglior Film alla IV Edizione del Festival del Cinema Invisibile di Lecce (2009), è stato realizzato - per ammissione dello stesso autore - con "una telecamerina e due lucette". Il miglior cinema emergente italiano dimostra profondo amore cinefilo. Malick ed Antonioni sono qui presenze di fondo, ma per cifra narrativa è piuttosto il Peter Weir degli esordi austrialiani a rivivere in questo film, che soprattutto nei suoni della natura (efficaci le musiche di Massimo Carozzi) si avvicina alle inquietudini de L'ultima onda. 
La fotografia, dello stesso regista, ed il montaggio connotativo di Johannes Hiroshi Nakajima individuano il punto di fusione fra storia e racconto, ibridando il come ed il cosa all'interno di una dialettica virtuosa, quintessenza della stessa idea di cinema. 
In certi passaggi ha la pregnanza dell'opera di genere, come nel grande esordio de L'anticristo (1974) di Alberto De Martino, che ugualmente legava il fantastico a radici di rimosso culturale, cioè appunto su base analogica. Frutto di una visione, segno di un talento registico purissimo, nel geco che circolarmente lo delinea esprime, forse, il disagio di una nostalgia narrativa che meriterebbe conforti produttivi adeguati.


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