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Articles by "cinemadonia"

Lilli It. 2008 di Filippo Ticozzi (38'). Scritto, diretto e montato da Filippo Ticozzi (Pavia, 1973), è un'elegia del silenzio, dai significati maggiori dei segni che contiene. Sul piano strettamente narrativo il cinema del regista pavese predilige le ellissi, nel solco di un processo selettivo di matrice intimista, volto a suggerire, più che a mostrare. In questo senso l'immagine di Ticozzi è suggestivamente vicina alla delicatezza della pagina letteraria, senza perciò tradire il mezzo elettivo. Memorabile il carrello a precedere del protagonista in bici a fondo valle, immerso nelle scenografie naturali altrettanto naturalmente che nel commento musicale classico. In modi periferici e marginali l'autore lombardo aggancia il cuore di una deriva, in cui riconoscere un quotidiano che in forme diverse accomuna tutti. Un capolavoro di sensibilità artistica, intuito e tradotto alla perfezione.

Lilli, interamente girato in Oltrepo, racconta la storia di Giancarlo, un ragazzo “particolare” che vive con la madre e il suo cane Lilli tra le colline, cui un giorno un incidente cambia la vita. Una produzione La città Incantata, Lilli è stato girato con un budget bassissimo grazie all’impegno volontario di diversi professionisti del settore che hanno prestato la propria professionalità gratuitamente. Il mediometraggio “Lilli” del regista Filippo Ticozzi, prodotto dalla società di produzione pavese La Città Incantata, in collaborazione con La Cooperativa Sociale La Piracanta, con il contributo di Provincia di Pavia, Comune di Pavia e Auser Comprensoriale di Pavia.

Ticozzi "sono molto felice di questo premio, grazie infinite. Lilli è il primo film che ho fatto e per il primo figlio si ha sempre un occhio di riguardo. Un cortometraggio fatto senza una lira, dove tutti hanno lavorato gratis, e fatto con quella meravigliosa incoscienza che poi, via via, si perde. Grazie tante a voi e a Cinemadonia. E grazie a Giancarlo (il non-attore protagonista), perno del film, che continua grande la sua via nel mondo."




Paquita y todo le demàs di David Moncasi (http://www.paquitaytodolodemas.com). 
“They say the worse that can happen to a mother is to lose a child. I do not agree: it is much worse to have a sick child with no hope of recovery and see him suffer every day”.



Paquita is telling us this, a 62 year old woman whose son is schizophrenic. Paquita and Cristian open the doors to their world though their own filming. The outcome is a moving and rue portrait of how it is to live with a mentally disturbed member in the family.



PAQUITA Y TODO LO DEMÁS (2010) from david moncasi on Vimeo.

Manfredonia – SI svolgeranno il 17, il 19 e il 21 settembre a Manfredonia, con inizio alle ore 18.00, presso l’auditorium di Palazzo Celestini, le proiezioni in concorso della sezione “La mente al cinema”, ultima tappa degli eventi collaterali della scorsa edizione del Festival del Cinema Indipendente di Foggia, prima di entrare nel vivo dell’XI edizione in programma a dicembre. Il progetto – dedicato alle opere filmiche sul disagio mentale, per contrastare lo stigma sociale e il pregiudizio – è il risultato di una collaborazione triennale fra il Festival, la Cattedra di Psichiatria di Foggia e l’associazione “Stigmamente, Arte, Media e Psichiatria sullo Stigma e la Diversità”.


La tre-giorni di proiezione è articolata in tre categoria: si comincia domani, sabato 17 settembre, con “Mind”, che prevede la proiezione di opere, a vario titolo, dedicate al rapporto tra cinema e psiche (Paquita y todo le demàs di David MoncasiHertz di Giovanni Sinopoli; Dietro le cose di Antonello NovellinoMetabar di Giorgio Laveri. Proiezione fuori concorso: Scivoli per la mente di Luigi Starace, realizzato da Stigmamente, Arte Media e Psichiatrica con il patrocinio dell’A.Re.S. Puglia).



Lunedì 19 settembre sarà la volta di “Dark Side“, categoria dedicata al lato oscuro dell’uomo, lontano da ogni banalizzazione sulla salute mentale (Intercambio di Antonello NovellinoI bambini hanno gli occhi di Antonio De PaloTerrible Truth di Angelo Giuseppe CapassoAlter di Francesco Guasconi. Proiezione fuori concorso de “L’isola analogica” di Francesco G. Raganato,documentarista e giurato della sezione Humanites).

Si conclude mercoledì 21 settembre con “Humanity”, per affrontare il tema dell’umanizzazione della medicina e del rapporto medico-paziente (Oliver di Andrea MartelliSofia di Carlo SironiCrooked Beauty di Ken Paul Rosental. Proiezione fuori concorso: Lilli di Filippo Ticozzi, filmaker e giurato della sezione Humanities).

Tra le partnership che sostengono l’iniziativa: Comune di Manfredonia, SIPS- Società Italiana di Psichiatria Sociale; Cinemadonia.it – Parlare di cinema e cultura a Manfredonia, l’Ordine dei Medici Provinciale di Foggia e il Liceo Lanza di Foggia. Responsabile organizzativo della sezione “La mente al Cinema”, Luigi Starace, Direttore Stigmamente.it, Arte e Psichiatria sullo Stigma e la Diversità. Tutti i dettagli su www.lamentealcinema.it



L'isola analogica
Sinossi: L'Isola Analogica racconta alcune curiose vicende che hanno avuto luogo ad Alicudi, un'isola delle Eolie. Leggende, allucinazioni, usanze e superstizioni, causate dal consumo accidentale di segale cornuta, la pianta da cui si ricava l'LSD.



Ecco la motivazione che ha portato la giuria de La Mente al Cinema IV ed il premio come Miglior Scrittura per documentario:
L'isola analogica It. 2007 di Francesco G. Raganato (28'). Il capolavoro di Francesco G. Raganato (Copertino, 1978). 

Miglior Film alla IV Edizione del Festival del Cinema Invisibile di Lecce (2009), è stato realizzato - per ammissione dello stesso autore - con "una telecamerina e due lucette". Il miglior cinema emergente italiano dimostra profondo amore cinefilo. Malick ed Antonioni sono qui presenze di fondo, ma per cifra narrativa è piuttosto il Peter Weir degli esordi austrialiani a rivivere in questo film, che soprattutto nei suoni della natura (efficaci le musiche di Massimo Carozzi) si avvicina alle inquietudini de L'ultima onda. 
La fotografia, dello stesso regista, ed il montaggio connotativo di Johannes Hiroshi Nakajima individuano il punto di fusione fra storia e racconto, ibridando il come ed il cosa all'interno di una dialettica virtuosa, quintessenza della stessa idea di cinema. 
In certi passaggi ha la pregnanza dell'opera di genere, come nel grande esordio de L'anticristo (1974) di Alberto De Martino, che ugualmente legava il fantastico a radici di rimosso culturale, cioè appunto su base analogica. Frutto di una visione, segno di un talento registico purissimo, nel geco che circolarmente lo delinea esprime, forse, il disagio di una nostalgia narrativa che meriterebbe conforti produttivi adeguati.


VIDEO INTEGRALE




30 settembre 2017 Macbeth di Daniele Salvo al Silvano Toti Globe Theatre Roma
Recensione a cura di Francesco Grillo

Daniele Salvo ha portato con grande successo, un intenso, carnale ed oscurissimo Macbeth al Globe Theatre di Roma.
In un'opera complessa e recitata con forza si stagliano almeno 2-3 scene assolutamente straordinarie. La scena dell'ultima cena di Re Duncan a Inverness con il suo anfitrione-traditore ed i suoi nobili mi è parsa geniale, di una potenza squassante, ed anche frutto di profonda cultura storico-religiosa sulla sacralità del re medioevale - rex sacrorum, re giusto visto come figura del Cristo Re e come Lui vittima sacrificale .. rilettura di smagliante forza iconica e culturale posta tra il re sacrificato di Frazer ed il Cenacolo leonardiano.
Ammalianti le 3 Streghe/Norne/Moire/Parche giocate in un acuto contrasto tra morte e vita con una delle 3 in avanzato stato di gravidanza: la loro opera innominabile divenuta un parto da obitorio di un cadaverico e misterioso androgino. Notevole infine la tensione della con il fantasma di Banquo (un ottimo Francesco Biscione roco, carnale, denso). Potentissima la Lady Macbeth di Melania Giglio: non fredda calcolatrice ma eroticamente invasata, dionisiaca e demonica, sensuale ed insieme mascolina, con naturalezza prima aspra ed imperiosa e poi folle.
#Macbeth pieno di spiriti demoniaci cornuti, animaleschi esseri stregoneschi sorti dall'inconscio o dal sovrannaturale -difficile distinguerli nell'inferno delle coscienze dei protagonisti. Molto evidenti, nelle presenze stregonesche ricorrenti, i ricordi di Riterna di Bergman; una presenza di temi e stilemi visionaria ieratica e potente.
Le tre streghe-Norne che sembravano ripresentarsi come tre satanici officianti bergmaniani, poi come 3 camerieri animaleschi in una cena da horror scandinavo contemporaneo. Salvo pare attento al pop ed al postmoderno, che può conpiere irruzioni anche nei classici; linguaggi necessari al contatto con il pubblico di oggi. Ed era bello vedere il Globe pieno di giovani strappati per qualche ora alla schiavitù dei cellulari appassionarsi alle vicende di un aitante ed intenso Macbeth che poteva ricordare loro un cupo capovolgimento di un Re del Nord, Rob Stark, di Game of thrones, uno di quegli Stark uccisi dal loro idealismo.
Il tutto è stato un tuffo nell'oscurità del mondo, nel Nero. Solamente nero. Un Macbeth (Giacinto Palmarini costantemente illuminato da luce nera torrenziale.
Questa oscurità (rotta solo dal buon re Duncan morituro) pare quasi una citazione per contrasto dell'altrettanto maledetto Macbeth di Polanski, che giocava invece spesso sui toni del bianco di una purezza sacrale e pronta a corrompersi.
Una "Opera al nero" sovrannaturale, buia e potente che conferma le grandissime qualità del regista.

Manfredonia – PARLARE di cultura in un paese di circa 60.000 abitanti, grande ovvero quanto un terzo dei capoluoghi di provincia italiani, potrebbe sembrare vano o soltanto “presuntuosamente pantagruelico”. Onnivoro. Difatti, le iniziative culturali presenti attualmente a Manfredonia, ad esclusione di discussioni, forum o attività inerenti la politica, si possono (davvero )contare sulla punta di  una mano.
Siamo davvero messi così male? In tutto ciò che è pubblico vale il principio economico della domanda e offerta. Certo non sempre si tratta di vile denaro, pertanto la domanda si impone: ma questa città davvero chiede cosi poco?
Sono sufficienti quelle due ore domenicali di sport e quell’ora e mezza di “vandammate” la sera? Con tutta l’informazione che gira sulla rete, non un sussulto, non un interesse stuzzicato? Naturalmente non è cosi: gli interessi culturali sono curati a Manfredonia. Per necessità, fatta virtù, hanno acquisito una dimensione privata.
Esistono fior di musicisti, scacchisti, arcieri, scrittori, astrofili, artisti e  sportivi in questa città (se qualcuno ancora vuole ricordarlo). Abbiamo pertanto pensato di offrire loro uno spazio (web)pubblico e gratuito, che si arricchisce se vi si partecipa, o deperisce se non interessa. Ognuno è libero di postare, segnalare, comemntare, nel rispetto della nettiquette e del vivere civile, fatti di cultura. Cultura, lo ricordiamo, non è sinonimo di erudizione o di “incomprensibile”.
Abbiamo adottato come logo un’immagine di una stele dauna, è vero però che nello scegliere l’immagine abbiamo pensato anche alle parole di quello “sfigato” di Leopardi sulla dolcezza del naufragar. Lui almeno dalla provincia uggiosa e gretta è riuscito a scovare e condividere un raggio luminoso e tracciante. (Stato/Luigi Starace)

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